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l'universitá 53


coscienza lo persuase a chiederla. Venne in Napoli, andò dal ministro dell’interno, gli presentò il libro, e chiese la cattedra. Il ministro che non lo conosceva rispose: «Bene: vi cimenterete all’esame». Ed egli: «E cu c’è a Napoli che po’ esaminari Pasquale Galluppi?» Il ministro si strinse nelle spalle, e l’accommiatò con un «vedremo». La sera raccontò nel crocchio degli amici come un vecchietto calabrese e mezzo matto era andato a chiedergli la cattedra, e tutto ringalluzzito gli aveva detto non ci essere in Napoli chi potesse esaminarlo. Ci fu qualcuno che dimandò: «Fosse egli il Galluppi?» «Non ricordo il nome: leggetelo nel libo che mi ha dato». «È desso, È il Galluppi, il primo filosofo vivente d’Italia». Sua Eccellenza cadde dalle nuvole: s’informò da altri, udí lo stesso, e lo pregarono desse quest’ornamento all’universitá di Napoli. E cosí il Galluppi, ricercato bene se egli avesse qualche vecchio peccato politico e trovato netto, fu senz’altro nominato professore quand’egli non se l’aspettava né ci pensava piú. Con che festa noi giovani e con quanta calca tutte le colte persone si andò a udire la sua prolusione, e poi le lezioni che egli appollaiato su la cattedra dettava con l’accento tagliente del suo dialetto! Ci sono sempre i maldicenti, i quali dicevano che egli era mezzo barbaro nel parlare; ma in quel parlare era una forza di veritá nuove, ma l’ingegno era grande, e il cuore quanto l’ingegno. Che buon vecchio! quanto amava i giovani!

Un altro filosofo era in Napoli, e gagliardo forse piú del Galluppi, che fu Ottavio Colecchi; ma perché propugnatore delle dottrine del Kant, perché di animo fiero e sdegnoso, e di libere opinioni, non ebbe mai uffizio, insegnò a pochi, e non levò sí alto grido. In Italia non è conosciuto, perché dura la vecchia colpa di non curare i nostri: ma i suoi discepoli, fra i quali Bertrando Spaventa e Camillo Caracciolo marchese di Bella, farebbero opera buona a la scienza e a la patria a pubblicare tutti gli scritti di quel severo intelletto che disprezzava ogni cosa al mondo, e diceva di non pregiarne altro che due, la virtú ed il sapere.