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II

AL SIGNOR PRESIDENTE, PROCURATOR GENERALE,
E GIUDICI
della Gran Corte criminale di Napoli.

Luigi Settembrini prega la gran corte criminale di leggere questo scritto, prima di decidere alcuna cosa su di lui.

Fu arrestato nel 23 giugno 1849, perché un tristo l’accusava di far parte della setta dell’Unitá italiana, e di avere scritto, fatto stampare, e pubblicato un proclama rivoluzionario. Ma vedendosi che l’accusa era una semplice assertiva, che poteva essere smentita con un’altra assertiva, lo avvolgevano nel processo del 16 settembre; e facevano dire da alcuni accusati di avere inteso dire che egli era uno dei capi e direttori della setta; che nelle prigioni di Santa Maria Apparente si era formato un comitato; che egli, Agresti e Pironti approvavano il luglio 1849 il disegno di uccidere il ministro Longobardi, il prefetto Peccheneda, ed il presidente Navarra. Infine il procuratore generale lo accusa di detenzione di stampe vietate. Onde egli è accusato,

1. come capo settario,
2. come autore di un proclama,
3. come detentore di stampe vietate.

E l’accusa si poggia su di un’assertiva, e su di un avere inteso dire.

Questa è l’accusa apparente: ma l’accusa vera è la fama che Settembrini ha ingiustamente di fiero e velenoso scrittore, e di essere creduto autore di quanti scritti ingiuriosi si sono stampati contro il governo e contro i privati. Per questa fama che moltissimi hanno creduta senza esaminarla, senza parlare a lui, senza neppure conoscerlo, egli è odiato dal governo e da moltissime persone che si tengono offese da lui. Onde egli, che conosce pochissimi, che sente di non avere offeso nessuno, ed onora tutti, ha innumerevoli ed irragionevoli nemici.