Pagina:Settembrini, Luigi – Ricordanze della mia vita, Vol. II, 1934 – BEIC 1926650.djvu/226

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dente anzi repugnante. Or difendetemi voi dall’accusa che mi dá il Procuratore generale, che scrive: «che Settembrini in novembre 1S48 aveva per mezzo di Iervolino fatto diffondere dei cartellini fra gli elettori per indurli ad eleggere deputati al Parlamento nazionale esso Settembrini, Nisco, e Turco»: dite voi, che lo sapete, chi ho pregato io? quali pratiche ho fatto? a chi ne ho solamente parlato? E poteva io parlarne all’Iervolino che è un garzone d’orefice, un miserabile, e non è neppure elettore? Ma l’avessi pur fatto: è delitto questo? Il ministero non ha mandato attorno le liste dei suoi candidati? In tutti i paesi costituzionali non si fanno le liste dei candidati? è delitto esser candidato? E se non è delitto, perché il procurator generale me ne accusa? Io sono accusato di cosa che non è delitto, come Pasquale Montella è accusato «di tenere un proclama firmato Aurelio Saliceti, tendente a cangiare il governo in repubblica». E questo preteso proclama sono le parole che il Saliceti disse in Roma quando si proclamò la Costituzione sul Campidoglio, non han che fare nulla con noi, furono stampate in tutti i giornali1. Come l’Esposito è accusato che «conservava una fascia tricolore, e Molinaro deteneva del pari un fazzoletto tricolore, emblemi di setta». E si chiamano emblemi di setta quei tre colori che per un anno e mezzo sono stati sulle bandiere napoletane. Come è accusato il Leipnecher, «che nella casa di lui rinvenivansi alcuni opuscoletti del Galanti, che han per titolo La voce della veritá e la bancograzia (sic), carte che del pari spirano principii liberalissimi». E questi opuscoletti liberalissimi furono stampati col permesso del ministro Delcarretto, lodati nel giornale uffiziale dali’Anzelmi, ed in altri giornali letterari2. Se il processo è riboccante di prove,

  1. Il povero cantiniere Montella diceva che cosa era quella stampa, e che era stata riportata anche nel giornale uffiziale: ma il Campagna che lo arrestò non se ne persuase, lo credette un proclama repubblicano, e scrisse nel suo verbale di arresto: «proclama tendente a cangiare il governo in repubblica». Sia lecito all’ispettore Campagna di ignorare, o storcere i fatti; ma come scusare il pubblico accusatore che segue il giudizio di un ispettore, non legge l’interrogatorio dell’imputato, non esamina la carta? O ha errato per ignoranza, o ha voluto preoccupare la pubblica opinione.
  2. Il Procuratore generale dice ancora che il Leipnecher era per sua propria confessione capo della setta degli Unitari. Le risposte di Antonio Leipnecher alle interrogazioni ricevute sono franche, leali, onorate, dignitose: ed io l’ho lette. Non dico questo per difendere il Leipnecher, che non ha bisogno della mia difesa, ma per mostrare con quanta coscienza è fatta l’accusa.