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[563] seconda difesa di luigi settembrini 277


3. La terza riflessione è, che a me solo fra tutti gli accusati è stato negato ogni discarico. Io rispetto le decisioni della gran corte, e non me ne dolgo affatto. L’avete creduto giusto, io piego la fronte. Ma questo, o signori, non è fatto mio, ma vostro: e voi dovete accettare le conseguenze logiche del fatto vostro, perché la logica e la giustizia sono una cosa.

Per mostrarvi quali furono sempre le mie opinioni ed i miei sentimenti, io non mi avviliva a darvi testimoni per la buona vita e fama, ma vi presentava miei scritti stampati nelle agitazioni dell’anno 1848 e prima, e vi pregava a leggerli. Vedete, io vi diceva, quali erano le mie opinioni nella lettera che io scrissi ai ministri del re il 18 febbraio 1848; vedete come io protestava pubblicamente nel giornaletto il Lume a gas nello stesso mese, che io non aveva mai scritto, né scriveva alcun giornale, e pregava tutti a mettersi un rotolo di neve sul capo ed un sughero in bocca: leggete quali idee politiche e religiose io diceva nel discorso ai miei giovani l’8 marzo, quando era giunta in Napoli e sparsa la voce nuova della repubblica proclamata in Francia; leggete per quali ragioni il 13 maggio, o signori, il 13 maggio io rinunziava ad uffizio che mi dava 120 ducati il mese, leggete quel manifesto che io scrissi agli elettori nel mese di giugno, quando piú ferveva la rivoluzione in Calabria, per fare eleggere i deputati ed aprire le Camere, secondo i desiderii del governo; leggete la lettera che in agosto io scriveva al Bozzelli, pregandolo di ringraziare il re, che voleva darmi una pensione. Voleva io mostrarvi con quei documenti, che un uomo che opera e scrive a quel modo, non è né può essere capo settario, cospiratore, ambizioso, nemico di Dio e de’ principi, uomo pericoloso e pazzo, e degno d’acquistare il senno sul patibolo.

Con questi scritti ancora io voleva offrirvi una prova contro i detti del Margherita, che mi dice autore del proclama. Imperocché voi, come fanno i pittori che dallo stile riconoscono l’autore di un quadro, paragonando tutte le mie svariate scritture, e lo stile diverso, e le parole con quel proclama maledetto, avreste veduto e giudicato con piena cognizione di causa, se io ne era veramente l’autore; e non vi stareste ora al detto del Margherita, che affermava averlo udito dal Sessa.

L’accusa sosteneva che io teneva riunioni settarie in casa, ed io vi chiedeva di esaminare tutti i vicini, di esaminare tutti quei gentiluomini nelle case de’ quali io ad ore fisse ogni giorno andava