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Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu/26

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16 Sonetti del 1833

LA MADRE POVERELLA.

     Fijja, nun ce1 sperà: ffàtte2 capasce
Che cqua li ricchi so’ ttutti un riduno;3
E un goccio d’acqua nun lo dà ggnisuno,
Si tte vedessi4 immezzo a una fornasce.

     Tu bbussa a li palazzi a uno a uno;
Ma ppòi bbussà cquanto te pare e ppiasce:
Tutti: “Iddio ve provedi: annate in pasce.„
Eh! ppanza piena nun crede ar diggiuno.

     Fidete,5 fijja: io parlo pe’ sperienza.
Ricchezza e ccarità sso’ ddu’ perzone
Che nnun potranno mai fà cconosscenza.

     Se6 chiede er pane, e sse trova er bastone!
Offerìmolo7 a Ddio: ché la pascenza8
È un conforto che ddà la riliggione.

Roma, 18 febbraio 1833.

  1. Ci.
  2. Fatti.
  3. Tutti una massa: tutti uguali.
  4. Se ti vedesse.
  5. Fidati.
  6. Si.
  7. Offeriamolo.
  8. [Pazienza. Ci annettono l’idea di pace.]