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64 Sonetti del 1835

netto italiano, tuttora inedito, e che merita di esser conosciuto:

     Nel delirio febbril che don Marino1
Ebbe pel caso del papal dragone,2
Sognò di cavalcar per Frosinone3
Con donn’Anna4e il lor piccolo Sforzino.5

     Ivagli innanzi un tal Zaccaleone,6
Fervido amico del suo pane e vino,7
Che per alpestre e inospite cammino
Seco l’addusse al piè d’alto burrone.

     Qui un miscuglio di larve: un tribunale,8
Penne tinte di sangue,9 oro fraterno,10
Un frate,11 un prete,12 e un libro parrocchiale.13

     Allora il Duca, per l’orgasmo interno,
Si riscosse e gridò: “Destin fatale!
Neppur fra le montagne di Piperno?!„14


  1. Don Marino Torlonia, Duca di Poli e Guadagnolo.
  2. Vedi su ciò il mio sonetto in vernacolo romanesco, intitolato: Er Duca e ’r dragone. Fatto storico.
  3. Capo di provincia famosa pe’ cosiddetti briganti.
  4. Donn’Anna Cesarini, moglie del Torlonia.
  5. Don Giulio Torlonia figlio del Duca di Poli, in cui dovrebbe cadere il nome Sforza-Cesarini per testamento del di lui zio materno don Salvatore. Gli adulatori de’ Torlonia lo chiamano difatti il piccolo Sforza, a malgrado della tremenda causa già da lui perduta nel primo turno della Rota Romana, ed oggi pendente avanti il secondo per istanza contro le pretensioni di don Lorenzo Sforza, fratello di Salvatore, che dimanda la sua legittimazione e l’immissione al possesso del nome e delle sostanze paterne, onde fu escluso per attentato di don Francesco Sforza e donna Gertrude Conti, coniugi Cesarini.
  6. Il piccolo avvocato Zaccaleoni, pipernese.
  7. È una delle mosche della Casa di Poli.
  8. Può tanto prendersi pel Tribunale dell’A. C. che per corruzione diede già vinta la prima istanza ai Torlonia, quanto per un tribunale di briganti, rappresentato dal delirio alla fantasia del Duca di Poli, che sembra volervi fare un appello dal buon dritto civile che lo condanna.
  9. Le penne che concertarono le infamie e le turpitudini della famiglia Cesarini, delle quali riboccano le pubbliche scritture.
  10. L’oro del povero reietto don Lorenzo, posseduto e prodigato in di lui danno dai Torlonia.
  11. Il carmelitano scalzo padre Pietro Luigi dell’Angiolo Custode, fratello di Enrico Giuliani drudo della Duchessa Gertrude, e confessore di lei, della quale rivelò una confessione che pretese rammentar netta e circostanziata dopo molti e molti anni, onde provare la illegittimità di Lorenzo, perseguitato dalla sorella e dalla madre.
  12. Il parroco di San Carlo a’ Catinari.
  13. Il libro de’ battesimi della suddetta parrocchia, donde fu estratta la falsa fede della morte di Lorenzo, sotto il nome di Montani.
  14. Neppure il tribunale de’ briganti sembrò all’agitata coscienza del Torlonia capace di coonestare l’assassinio contro il sacro dritto di un infelice espulso dalla sua famiglia e dal cuore de’ suoi. [A queste note segue, sempre di pugno del Belli, un elenco delle persone a cui aveva dato copia del sonetto; e sono: Francesco Spada, Annibale Lepri, Giuseppe Pulieri, Vincenzo Rosa, Domenico Biagini, Giacomo Ceccacci, Paolo Olmi, Giuseppe Vasselli, Angiolo Biscontini, Filippo Ricci, Luigi Mazio, Giacomo Ferretti, Giuseppe Gabrielli.]