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402 | sotto il velame |
Comincia così una lunga parte del paradiso, in cui domina la nota del cibo e del convivio. È la spera del sole. Qui è
la quarta famiglia
dell’alto padre che sempre la sazia;
qui si parla di “vin della sua fiala„, qui parla un “degli agni della santa greggia„
che Domenico mena per cammino,
u’ ben s’impingua, se non si vaneggia;
e il mondo “gola„ di saper novella d’un altro. E si parla di sete e di dolce e di dolcezza e di frutto e di “peculio ghiotto d’altra vivanda„ e di pecore “di latte vote„, e di “agricola„, di vigna, di ricolta.1 E tre volte torna quel “s’impingua„, con forse il ricordo della pinguedine del “bue muto„; e, in fine, tutto si dichiara con l’espressione “amor della verace manna„,2 e col ricordo di Eva e del suo palato, e col ragionare intorno alla incarnazione e alla risurrezione.3 Impossibile è negare che qui sia l’eco della beatitudine di quelli che hanno fame, e l’ombra dei due alberi, uno di vita, l’altro di scienza di bene e di male. E dietro il dottore di Aquino, rivestito della carne gloriosa e santa,4 apparisce lo spettro di Ciacco, con la sua carne e sua figura; 5 sotto la pioggia e la grandine e tra i vermi, l’uno; e l’altro nel ciel del Sole. Non fu il dono dell’intelletto che valse contro la bassa concupiscenza?
- ↑ Par. X 50 seg. 88, 94 segg. 111, 89, 123, 66, 147, XI 25, 105, 124, 129, 139, XII 65, 71, 86, 118.
- ↑ Purg. XII 84.
- ↑ Purg. XIII 37, 39, 27, 84; XIV 43 segg.
- ↑ Par. XIV 43 segg.
- ↑ Inf. VI 98.