Pagina:Sotto il velame.djvu/85

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il vestibolo e il limbo 63

Eppure si deve credere; perchè quell’anima uscì dal suo corpo, non gentile ma cristiana, “in ferma fede... dei passuri piedi„ e credette in Cristo venturo. Chi voleva, dunque, poteva; e tale pensiero è ragione del turbamento di Virgilio, quando parla dell’imperfezione naturale dell’ingegno pagano:1

               E desiar vedeste senza frutto
               tai, che sarebbe lor desio quetato,
               ch’eternalmente è dato lor per lutto.

               Io dico d’Aristotile e di Plato
               e di molti altri. E qui chinò la fronte;
               e più non disse, e rimase turbato.

Egli pensava che Aristotile e Plato e tanti altri, lui tra tanti, avrebbero ora sazio quel desio di visione e di contemplazione, vedendo e contemplando Dio, se avessero voluto. Ma non vollero, e ora vivono in desio senza speranza. Non vollero; non adorarono Dio, debitamente cioè come era loro debito.

Il loro difetto di fede non fu dunque involontario, quindi furono volontariamente servi. Il peccato disfrancò il loro volere. Quindi sono puniti più dentro l’inferno che gli sciaurati, perchè da una parte anch’essi, come quelli, avrebbero potuto salvarsi seguendo la croce, che per gli uni era già venuta e per gli altri era da venire; e non vollero; dall’altra nemmeno un poco sollevarono le catene che inceppavano la loro volontà. Chè non ebbero battesimo. Ma pure non hanno duol di martirii, e non gettano lamenti e guai, perchè il loro difetto, volontario bensì, è quasi involontario; chè credere nei piedi

  1. Purg. III 40 e segg.