Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/172

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capo quinto 147   

conversione del Bonello, fu a lui stesso commessa l’esecuzione del preso consiglio. E la Contessa di Catanzaro, che vi avea cooperato, gli fece promessa di accettarlo a marito, come tosto egli traesse ad effetto la cosa convenuta.

In questo maneggio di cose, Niccola Logoteta ch’era Camerario di Calabria, fu sollecito di scrivere a Majone, e divisargli tutto quanto erasi operato da Matteo Bonello sin dalla sua prima arrivata in Calabria. Majone sentì con molta sorpresa ciò che il Logoteta gli denunziava, nè poteva capirgli nell’animo tanto mutamento del Bonello. Ma quando da lettere consecutive ebbe che non vi era luogo a dubitarne, non vedeva più l’ora di farne vendetta. Matteo Bonello intanto, imbarcatosi da Reggio per Sicilia, era già pervenuto a Terme, luogo a venti miglia da Palermo. Quivi abbattutosi ad un suo soldato familiare, colse da questi la mente ed il disegno di Majone. Onde, tuttochè l’ammiraglio infingendosi il pressasse a ricondursi in Palermo, il Bonello traccheggiava, e non restava in questo mentre di dir sue ragioni a Majone con lettere suasive e commoventi. E seppe dir tanto che Majone, rimutatosi, ebbe per calunniose le relazioni del Logoteta e di chi che si fosse; e tornò a riposarsi sulla fedeltà del Bonello. Il quale quando stimò che potesse senza suo pericolo ravvicinarsi a Majone, fu di nuovo in Palermo. E quivi, vestendosi un’altra persona, ed infingendosi con molto artifizio, aggiustò il tempo di levar la vita all’ammiraglio (1160), e di liberare lo Stato da un uomo, che co’ suoi scellerati maneggi era vicino ad usurparselo.

VII. Re Guglielmo al venir della morte (1165) fece testamento in Palermo alla presenza dell’Arcivescovo di essa città, e di Ruggiero Arcivescovo di Reggio; lasciando l’eredità de’ suoi Stati a Guglielmo II suo maggior figliuolo. Ma siccome questi non contava che dodici anni, volle il padre che la vedova regina Margherita nella minorità del figlio avesse il baliato del reame; amministrando però ogni cosa col consiglio ed appoggio di uomini sperimentati e leali, fra i quali erano l’Eletto di Siracusa, il Gaito Pietro Eunuco, e Matteo Notajo. Ma oltre di costoro avevano ancor luogo eminente nella corte di Guglielmo II gli Arcivescovi Romualdo di Salerno, e Ruggiero di Reggio, non che i Vescovi Gentile di Girgenti, e Tustano di Mazzera. Il Vescovo Gentile, essendo uomo fuor di maniera presuntuoso, superbo, e bramoso di sormontare, sparlava di tutti gli altri, e soprattutto dell’Eletto di Siracusa, concitandogli contro l’odio altrui, e ponendolo in discredilo presso i magnati ed il popolo. E ciò perchè a tutti e due era entrata la febbre dell’Arcive-