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   148 libro terzo

scovado di Palermo. Il vescovo di Girgenti aveva tirato dalla sua l’Arcivescovo di Reggio, per procacciar la ruina dell’Eletto di Siracusa, ed entrò anche con loro in questa pratica l’Arcivescovo di Salerno. Era loro disegno allontanar prima dalla Corte l’Eletto di Siracusa, e poi torgli la vita.

La Regina Margherita d’altra parte (1166) non aveva per male questi maneggi de’ suoi cortigiani; perchè l’Eletto di Siracusa era da lei mal digerito. Gilberto però Conte di Gravina, ch’era consanguineo della regina, e dimorava allora in Sicilia, favoreggiava la parte dell’Eletto Siracusano. Era anche venuto di Spagna in Palermo Arrigo fratello della regina, al quale costei aveva dato in signoria la Contea di Montescaggioso. Circa questo tempo la regina aveva costituito Gran Cancelliere del Reame Stefano figlio del Conte di Pertica, e datogli altresì l’Arcivescovado di Palermo. Ciò fece che le persecuzioni dirette contro l’Eletto di Siracusa si disviassero contro il nuovo Cancelliere. Il quale anche, coll’aver voluto diradicare molti abusi dello Stato, si era tirato oddosso l’odio de’ nobili e de’ potenti. Stefano aveva eletto a suo Maestro di casa Odone Quarrello, Canonico di Carnò, del cui consiglio faceva sempre gran capitale ne’ più gravi affari del governo. Agli avversarii del Gran Cancelliere si era congiunto il Conte Arrigo, e cominciarono a tendergli tante insidie e sì fatte, che Stefano pensò seriamente a porvi riparo.

Il nodo della congiura contro di lui era in Messina, e tra i principali congiurati erano il Vescovo Gentile, Riccardo Conte di Molise, Bartolomeo Perugino, l’Arcivescovo di Reggio, Ruggiero Conte di Gerace, e Gilberto Leulciense. In Messina la Corte ed il Cancelliere vi erano andati a passarvi l’invernata. Quivi costui fintò l’animo e l’ordito de’ congiurati, e si diede a trovare il bandolo della matassa. Al Conte di Gravina, che se nera tornato in Puglia, mandò preghiera che sotto colore di far visita alla real famiglia, volesse condursi in Messina con qualche drappello di armati. Poi per ammorbidir l’animo del popolo messinese il Cancelliere impetrò dal Re la rintegrazione di alcune franchigie che Ruggiero aveva già date, e poi tolte alla città. Ed ottenne altresì la confisca degli averi e la prigionia dello Strategò Riccardo; dal quale i Messinesi dicevansi trapazzati, ed in ogni peggior maniera oppressi. Laonde in Messina il nome del gran Cancelliere era levato alle stelle.

VIII. Ciononostante in questa città medesima una gran parte di cittadini si mostrava tutta del Conte Arrigo, a cui si erano ancora aderiti moltissimi Calabresi, i quali a cagion della venuta del Re