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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/253

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   228 libro quinto

gioni gli si era mutato in avverso. E fattoglisi ribelle si fortificò nei suoi castelli di Calabria, e particolarmente in Catanzaro e Cotrone. Come questo intese Alfonso gli mandò contro Paolo di Sangro, ed altri capi di squadra con mille cavalli. Ma il Centeglia si era già messo in sicuro. Per la qual cosa il re ordinò allo stesso Paolo di Sangro ed al suo luogotenente di Calabria Martino Boffa, che andassero a por l’assedio alla città di Cotrone, dove il Centeglia si era chiuso. Ma questi rispose di rimbecco alle armi regie; e scrisse di sua propria mano al re, che quelle castella e terre di Calabria, da lui tenute, aveale conquistate colle sue genti e col pericolo della sua vita contro le armi dell’Angioino; e quel che aveva colle armi conquistato, colle medesime lo avrebbe difeso sino all’ultimo sangue.

Di ciò quanta indignazione sia venuta ad Alfonso, ciascuno sel pensi. Infuocato a vendetta contro l’audace ribelle, deliberò di passare personalmente in Calabria a fiaccarlo. E vennevi, e pose il campo in Belcastro, donde mandò intimazione al Centeglia (il quale colla sua famiglia si teneva chiuso nel castello di Catanzaro) che gli assicurerebbe e vita e libertà, purchè cedendo e presentandosi alla regia presenza, gli risegnasse Catanzaro, Cotrone, Tropea, Precacore, e tutti gli altri luoghi che rispondevano a lui. Ma non vi fu modo che il Centeglia s’inducesse a cedere, e stette sul duro. Il re allora assediò Cotrone, e dopo due mesi la prese di assalto; espugnò anche in seguilo altre castella, e la stessa Catanzaro. Laonde veduto il Centeglia il mal viso della fortuna si arrese ad Alfonso, e gli chiese perdono della sua fellonia. Ed il re il perdonò; ma confiscatigli tutti i beni, e toltogli ogni potere, gli lasciò solo per grazia la città di Gerace.

Alfonso rese la pace e la prosperità a’ Napolitani; protesse le industrie, le arti, le lettere, il commercio in tutte le provincie; e dicono che poteva annoverarsi tra i migliori monarchi del secolo decimoquinto. Quantunque coll’aver ingrandita soverchiamente la potenza baronale a scapito degl’interessi del popolo, avesse preparato per indiretto molta materia alle future turbolenze. Ma Reggio non ha che lodarsi di lui; perchè egli sofferse che questa nobil città col suo territorio cadesse sotto la pressione feudale di un Alfonso Cardona. Onde dall’anno 1443 al 1462, cioè sino al quarto anno del regno di Ferdinando I d’Aragona, Reggio non ebbe più storia. Per tutto quell’infausto periodo di diciannove anni non Sindaci di Reggio conosciamo (tranne quelli del 1446), non Capitanii, non alcun altro uffiziale o regio o municipale che si volesse. Reggio spopolata, ammiserita, ed annichilita dalle passate guerre, non era