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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/254

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capo terzo 229   

più che un oscurissimo castello feudale. Alfonso nondimeno volle che fossero conservati all’Università di Reggio tutti i suoi privilegi, e che nè il Cardona, nè i suoi eredi potessero in modo niuno menomarli.

VI. L’Università di Reggio nel 1446 mandò ad Alfonso i Sindaci Giovanni Fuffuda e Lancilotto Mayrana, i quali tornarono in patria coll’aver ottenuto:

1.° Che i Reggini, anche per pena criminalissima, non potessero esser convenuti in altra Corte fuori di quella della lor città; nè fossero tennti a riconoscere in tal caso, nè le citazioni del Preside della Provincia, nè quelle della regia gran Corte della Vicaria, o della Camera della Sommaria, o di qualunque altro regio Commissario maggiore o minore. Che perciò i non comparenti non dovessero incorrere in pena alcuna; nè gli uffiziali della città permettessero a’ nunzii ed esecutori di citare i cittadini ad extrahendum, salvo solo il caso di reato di lesa maestà.

2°. Che i cittadini potessero impunemente resistere e non ubbidire a chiunque tentasse di ottenere o avesse ottenuti privilegi, Lettere Patenti, provvisioni, grazie tendenti a derogare a’ Privilegi della città.

3.° Che ad evitare gli errori, gli scandali, e le rapine che si potrebbero commettere in ogni futuro tempo, l’esercito e gli armigeri dovessero far dimora in città; nè i cittadini fossero obbligati a prestare alimenti a questa forza armata, senza il competente prezzo e fuori città; eccetto solo il caso in cui vi facesse residenza la stessa Maestà Sua.

4.° Che i Reggini, per qualunque operazione che facessero o per proprio comodo, o per commerciare, non fossero mai tenuti nell’avvenire di pagare alcun diritto di dogana, di fondaco, di ancoraggio, di fallangaggio, di portolanìa, di passaggio, di peso e misura, di custodia, di passo, di porto, e di gabella o vettigale di qualsivoglia natura. Ed in caso di molestie, che gli uffiziali della città potessero far rappresaglia.

5.° Che dovendo le donne oneste della città recarsi, nelle ore proibite della notte, alle case de’ consanguinei ed amici, massime in tempo di lutto, d’infermità e di nozze, ognuna di esse avesse ad essere accompagnata da due onesti uomini armati a sua tutela.

6.° Che ogni cittadino che avesse ad esser carcerato nel castello della città, non potesse costringersi a pagare per il carcere e la liberazione che soli grani dieci.

7.° Che le donne reggine tanto in agendo quanto in defendendo