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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/284

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capo secondo 259   


2.° Che per sette anni, a contar dal vegnente, non pagasse più la città alla regia Corte ducati mille, ma solo cinquecento, a fine di esser alquanto alleviata delle straordinarie gravezze sostenute nella passata guerra.

Poi il re Cattolico venne nel regno a prender possesso de’ suoi nuovi Stati; ma non vi si trattenne più di sette mesi; e partendo condusse seco Consalvo da Cordova, e lasciò a Vicerè Giovanni d’Aragona conte di Ripacorsa, e gran Contestabile Fabrizio Colonna Duca di Tagliacozzo.

Ma ivi a pochi anni (1509) nuove e dolorose calamità dovevano piombare sulla povera città nostra. Violenti terremoti scossero la Calabria tuttaquanta, e Reggio fu quasi al tutto distrutta; e per altri cinque anni successivi continuò tal flagello a tribolar, dove più dove meno, le contrade calabresi. In quest’anno medesimo Ferdinando concedette all’università di Reggio che i suoi Sindaci in vece di due fossero tre da indi in poi, cioè due nobili, ed uno civile.

La mattina del vigesimottavo giorno di agosto del 1511 si vedeva pigliar terra di qua dal promontorio di Calamizzi un’armata turchesca di circa sessanta legni, proprio nel concavo lido della contrada Dragoneri, la quale dal ponte del fiumicello di San Filippo, che lambiva le mura meridionali della città, tirava sino al principio del promontorio predetto. Gli abitanti di Calamizzi fuggirono a rotta per la contrada Ottobuno sotto le colline di Modena. Sbarcati i Turchi senza ostacolo si diressero per la porta San Filippo, ed appiccarono il fuoco al solidissimo rastrello di legno che vi era, abbattendo in un medesimo la porta di ferro. I Reggini, che non eran preparati a questa improvvisa diavoleria, si dileguarono a fiaccacollo chi per il pertugio Battagliola, chi per la porta Crisafi, e chi per la porta Mesa, e ripararono parte su’ poggiuoli di San Nicolò del Trabucco e di Rodà, e parte sull’eminenza del pozzo di Santa Caterina Mesumeci. Que’ barbari non pur posero a sacco e fuoco molte parti della città, ma e le più belle chiese spogliarono ed arsero; e dopo esservi dimorati tre giorni, ed aver menato distruzione di ogni cosa, rimontarono sulle navi, e presero il largo. Il vicerè Raimondo di Cardona, come seppe l’invasione turchesca, spedì di presente da Napoli venti galee e quattro tartane ben armate sotto il comando del marchese di Bitonto, per correr addosso a que’ ladroni, e tutelar le coste della Calabria e della Sicilia contro qualunque ulteriore irruzione. Giunto in Reggio il Marchese, e veduto lo strazio che i Turchi ne avevan fatto, ottenne dal vicerè che tal città fosse per due anni sgravata dal pagamento delle cullette fiscali, e di qualunque