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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/293

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   268 libro sesto

buon assetto contro gli attacchi nemici; e venne in Reggio di persona per dar provvedimenti efficaci alla rifazione delle mura della città, ed all’aumento del presidio di essa.

VIII. Mosse Barbarossa da Costantinopoli con centodieci galee, e circa quaranta fuste con sopravi dodici mila uomini da sbarco; e gli faceva compagnia il Polino con quelle navi che seco aveva. Lungo il suo viaggio non pretermise il Barbarossa di operar continui sbarchi e rovine sulle coste d’Italia e di Sicilia soggette alla Spagna. Soprattutto sfogò la sua furia sulla misera Reggio, che mal sapeva e poteva bastare a tanta impetuosa percossa. I Turchi nel 1543 presero piede sulla rada di Calamizzi, a mezzodì della città fuori delle mura; ed il Polino fece segnale al Castellano di Reggio, ch’era Diego Gaetano, di voler seco un abboccamento; ma a ciò non rispose il castellano che col tiro delle artiglierie, onde furono uccisi tre Turchi. Allora le schiere musulmane abbatterono a furia le due porte delia Marina e di San Filippo e per quelle si misero nella città. I cittadini, fuggendo precipitosi per la porta Crisafi, si acquattarono in quel subito nelle ginestre e ne’ lentischi, ond’era ingombra la contrada vicina a San Nicola del Trabucco. Moltissimi altri si rifuggirono ne’ fossati intorno al castello, giudicando che qualora quei barbari ardissero di inseguirli sin là, il presidio di esso castello non avrebbe mancato di fulminare i nemici colle sue artiglierie, e vietar loro l’approssimarsi. Trovata i Turchi la città vuota di abitatori, la posero a bottino, e misero a fuoco e distruzione i pubblici e privati edifizii, specialmente quello della Dogana, e le chiese; sì che in picciol tempo la sventurata Reggio non fu che un mucchio di fumanti rovine.

Que’ cittadini, che s’eran ricoverati dentro il vallato del castello, pregavano il castellano che volesse accoglierli dentro il medesimo, ma egli non volle aderirvi. Anzi quando i Turchi si precipitarono ne’ fossati a far prigionieri que’ miseri, il Gaetano non si mosse punto a difenderli col fuoco delle artiglierie, ma lasciò che cadessero senza ostacolo nelle mani de’ nemici. I Turchi fecero allor prigionieri moltissimi cospicui cittadini e donne e fanciulli, tra i quali meritano di esser ricordati i nobili Antonello Geria, Colajacopo Oliva, Giovanni Lorenzo Plutino, Lorenzo Perrone, e Geronimo Melissari colla moglie Antonia Campolo, e i suoi cinque figliuoli Bartuccio, Fabio, Francesco, Lucrezia, e Diana. Dopo ciò i Turchi per batter la rocca piantarono le artiglierie sulle colline che le soprastano, e cominciarono a trar contro furiosamente. Della qual cosa ebbe tanto sgomento il castellano, che fece subito dedizione del castello;