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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/307

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   282 libro sesto

l’isola, e recasselo nel territorio di Savoca, dove quelli avevano il loro ricetto. Ma non si era il servo dilungato un buon miglio da Messina, quando vide venirglisi incontro libero e sciolto il suo padrone, di che ne fece gran festa. Ed interrogatolo del come avesse potuto uscir dalle costoro mani, intese dal Brancati che mentre il tenevano legato ad un albero, sopraggiunse il Capitan d’armi, che guardava quella parte di provincia, con numerosa milizia per dar la caccia a’ malviventi. Onde i medesimi non ebbero spazio a slegarlo, ed ivi il lasciarono, donde fu sciolto dal capitano, e rimesso in libertà.

III. Ma questi assassinamenti ed eccessi eran pervenuti a tale per tutta la provincia di Calabria, (1577) che sollevarono l’indignazione del governo, ed il vicerè finalmente vide quanto fosse necessario dare efficaci provvedimenti perchè le comitive de’ banditi fossero distrutte. Era allora Governatore generale della provincia di Calabria Giovanni Alfonso Bisballe conte di Briatico, il quale perlustrando il paese colle regie squadre, aveva da Polistina riferito al Vicerè lo stato deplorabile di tal provincia, e chiestegli energiche e severe provvisioni e facoltà contro i fuorusciti. I quali s’eran già imbaldanziti in tal forma che non solo per le pubbliche strade, ma nè tampoco per i luoghi abitati poteva aversi certezza che i buoni non fossero presi, rubati, uccisi, e fatti loro altri maltrattamenti senza alcun timore di Dio, nè della giustizia umana. Per la qual cosa il Vicerè, con parere e voto del regio collateral Consiglio, concedette al Bisballe ampie autorità e facoltà di prender quelle misure cne stimasse più conducenti allo scopo di sperdere e struggere le bande de’ facinorosi.

Ordinò adunque il Bisballe da Reggio addì quindici di novembre del 1577, che i banditi Consalvo Marino, Colangelo Crupi, Giovanni Michele Toscano, Marcello Scopelliti, Nino Martino detto il Cacciadiavoli, ed altri quarantasette, individuati col loro nome e soprannome, fossero citati a comparire in Reggio dentro il termine di dieci giorni alla presenza dei Bisballe, e stare a ragione pe’ delitti e misfatti loro imputati. E non curando ubbidire alla perentoria citazione, e continuando ad esser contumaci, ed a commetter nuovi reati per il corso di un anno dopo il termine intimato, ordinò che fosser dichiarati fuorgiudicati, e come tali potessero essere offesi ed uccisi impunemente da chiunque. Con questo che chi dopo tal anno darebbe in poter della regia Corte o vivo o morto alcuno de’ fuorgiudicati avesse ad esser premiato con questa norma: — Chi de’ delinquenti presenterebbe vivo o morto alcuno de’ fuorgiudicati, dovesse