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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/314

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capo quarto 289   

detto fatto fu presa, ed i paesani che vi erano, furono quali uccisi, quali fatti prigioni. Ma poi il barbaro dovette subito rimbarcarsi, e far via per Levante, tra perchè s’accorse d’esser codiato dal principe di Cariati Carlo Spinelli, cui il vicerè aveva destinato Capitano a guerra nella Calabria, e perchè non era lontana da’ nostri mari la flotta dagli alleati Cristiani, composta di settanta galee, e comandata dal principe Giovanni Andrea Doria.

Furono intanto riferite al Vicerè le nuove incursioni de’ Turchi, ed egli provvide che Reggio fosse messa in positura di vigorosa resistenza: e furon chiuse le porte del Trabucco, del Torrione, e Crisafi. Ordinò che ad un bisogno fossero ivi chiamati quanti soldati ed uomini d’armi potessero raggranellarsi nelle vicine contrade. E quando corse fama che Cicala con cinquantacinque galee non tarderebbe a ricomparire nel nostro mare, sotto pretesto di voler rivedere in Messina la sua vecchia madre Lucrezia, trovò tutti pronti a ributtarlo con forza e valore. E Diego Osorio, ch’era Governator della città e Capitano a guerra, ordinò che subito tutti quelli che ne’ borghi abitavano, ed erano alti alle armi, nella città si riducessero. Fornitili quindi di armi e di munizioni convenienti li distribuì per le fortezze, e per que’ punti ov’era maggiore il bisogno (1598). Oltre a questo collocò parecchie vedette in luoghi opportuni, e su i più alti ciglioni delle colline soprastanti alla città; affinchè speculassero i movimenti dell’armata nemica, e di ora in ora ne dessero avviso alle scolte della città. Venne ancor dalla Sicilia Pietro de Leva con sei bastimenti carichi di provigione d’ogni fatta, mentre il Vicerè dell’isola Garzia di Toledo, a coi eran venute da Napoli altre sei navi, studiava attentamente le mosse del Turco, che andavasi a poco a poco avvicinando. Era già il nemico pervenuto dietro la rada di Calamizzi, ed i Reggini, per non lasciarsi cogliere alla sprovveduta, furono in un tratto sulle armi. Ma Cicala, ivi trattenutosi per parecchi giorni, poi se ne dilungò, e gittò l’ancora nel solito seno di Motta San Giovanni. Fece divulgare intanto ch’egli non era venuto a far nuove offese a Reggini o ad altrui, ma solo a veder la madre sua. Ma niuno prestò credito alle sue parole, ed immantinente furon chiamati a Reggio da’ castelli di Motta San Giovanni e di Melicucca, parte della milizia Spagnuola che vi era di presidio, ed un drappello di cavalli da Santagata e da Seminara. Nè mancò il soccorso di settecento pedoni e cento cavalli, spediti dal principe di Scilla; e novecento Spagnuoli furon fatti sbarcare in Reggio dal Vicerè di Sicilia con tre bocche da fuoco.

Rincorati i Reggini da tanti sussidii, non stettero ad aspettare i