Pagina:Speraz - Cesare, L'ultima notte, Autunno.pdf/219

Da Wikisource.

— 215 —

la febbre le ardeva il cervello e i polsi. Strane visioni l’assalivano, e il sentimento che aveva animata tutta la sua vita, pareva illuminato da una luce trascendente.

— La mia sorte è troppo invidiabile di fronte a quella delle altre donne! esclamava: tu hai avuto per me l’amore ardente dell’amante; la tenerezza di una mamma, la dolce protezione di un padre. Tu sei stato tutto per me, e mi hai dato il paradiso in terra. E ora muoio. Muoio alla vigilia della prova. La mia vita di trent’anni non vai mille volte piú di tante altre che durano il doppio? Quante povere donne vivono incomprese, tradite, derise! Martiri sante di un martirio immeritato, o ipocrite sciagurate per neccessitá. Tu m’hai salvato da questo, tu col tuo amore. Che tu possa essere sempre felice, anche senza di me. Io muoio e ti benedico.

Tutto il suo corpo tremava; le lagrime scorrevano sulle sue guancie, lente, inavvertite. Sembrò assopirsi un momento.

Egli la fece distendere sul canapè e mandò per il medico.

Era scosso.

Aveva vissuto dieci anni vicino a quella donna credeva conoscerne tutto l’amore, e quell’impeto di