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ben lontani sedevano insieme sotto a un albero, presso qualche corrente d’acqua, dove lei si divertiva, mentre egli leggeva o meditava. Quante volte lo aveva visto piangere; quante volte in un parossismo di angoscia, se l’era stretta al cuore, coprendole il viso di baci e di lagrime, che facevano piangere anche lei senza sapere di che.

Povero babbo!

Ella sentiva per istinto che quello era un uomo superiore. Lo paragonava in cuor suo a certi santi, a certi eroi. Ed ora, giunta a un’età in cui capiva di più, sorrideva di quelle ingenuità, ma il sentimento rimaneva il medesimo.

Lo giudicava, come allora, troppo superiore alle persone che lo circondavano: uno spostato del matrimonio; incompreso e disamato dalla moglie... forse tradito. Infelice in ogni caso. Ah! non tutti gli uomini erano prepotenti e vigliacchi, come diceva la signora Cleofe. Non tutti meritavano di essere trattati da cani, come l’aveva sentita dire quella stessa mattina. Suo marito era una eccezione. E lei forse non se n’era mai accorta.

Questa riflessione la portava a considerare un altro lato del carattere di Leopoldo: un lato che le faceva pena, ed era quella difficoltà di manifestarsi come egli era veramente, appena gli entrava il dubbio di non essere inteso con facilità. Quella selvaggia ritrosia le pareva eccessiva e causa di malintesi maggiori. Perchè