Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/15

Da Wikisource.

— 17 —

la forza di accettare la vita a cui era destinato senza lamenti, forzandosi a dominare, fin dove giungeva il suo potere, le circostanze nemiche.

Di aspetto egli era assai attraente e somigliava ad una miniatura del suo bisavolo, il capitano, del quale portava il nome. Bruno olivastro, con una carnagione finissima che si coloriva delicatamente ad ogni movimento dell’animo, aveva occhi neri, profondi, di una espressione dolce, il profilo greco, la bocca ben fatta, velata appena dai giovani baffi. Di statura era meno alto di suo padre, ma assai più robusto, con le spalle larghe, il petto arcuato, il cranio possente. Come il prode soldato del quale portava il nome, la natura lo aveva creato capace di azioni eroiche, ma il destino lo voleva umile, depresso, quasi schiavo, ed egli gemeva sotto il peso della sua inutile forza.

La funzione religiosa, alla quale Riccardo Valmeroni assorto nei suoi pensieri aveva prestato poca attenzione, stava per finire.

Ora pro ea, Ora pro ea — ripeteva la folla, e le voci si spandevano col profumo dell’incenso sotto l’ampia volta del tempio.

Leonardo, sempre accasciato, il viso nascosto fra le palme delle mani, piangeva e pregava.

In un altro banco, nel lato opposto, si trovava la signora Elisa con sua sorella Ersilia ed altre signore. Più indietro era Eugenia, la maggiore dei sei figliuoli di Elisa e Leonardo, una bella