Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/227

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Belli doveva saperle dire con quella sua voce profonda e insinuante.

Giunto sul bastione, Riccardo voltò verso porta Venezia. Nell’ombra passeggiavano le coppie amorose. Era quello il luogo, era quella l’ora. Due belle figure che si tenevano strette gli passarono accosto, quasi sfregandolo. Alto, elegante, dall’incedere svelto e nobile, l’uomo somigliava a Faustino... la donna... gli pareva di conoscerla. Il cuore si mise a picchiargli il petto con violenza. Guai se erano loro: guai!... Fece alcuni passi rapidi, li sorpassò, arrestandosi improvvisamente per vederli bene. In quel momento, quasi a sfidare la sua curiosità, l’uomo accese un fiammifero. Era un ignoto, un bellissimo giovane dai capelli biondi.

Altre coppie innamorate sedevano sulle panchine. I dolci bisbigli, i teneri sospiri volavano per l’aria.

Riccardo affrettò il passo maledicendoli tutti. Si amavano, erano felici... ed egli, solo e disprezzato, cercava invano un deserto per esalare la sua impotente collera. A porta Venezia entrò nei giardini. Una banda sonava. Vi era molta gente nei viali, molte signore. I tigli fioriti imbalsamavano l’aria. Riccardo andò verso quella parte. La fragranza deliziosa gli fece risentire il contatto della fanciulla amata. Oh! le labbra divine che nessun uomo aveva baciate prima di lui... Gli pareva ancora di sentirla fremere