Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/228

Da Wikisource.

— 230 —

sotto i suoi baci. Chiuse gli occhi per rattenere un istante quella sensazione. Com’era bella Maria!... Com’era bianco il suo collo. La fragranza della sua carne tepida dava le vertigini. O Maria!

Due cocenti lagrime caddero sulle guancie del giovine. Si cacciò nell’ombra.

Una figura femminile che si era fermata a guardarlo, fece qualche passo verso di lui. Egli non la vide. Quando ritornò in piena luce, la donna gli passò daccanto, lo guardò e gli sorrise.

Era un invito c non interamente volgare, poichè la donna aveva gioventù e bellezza.

Un pensiero satanico traversò la mente di Riccardo. Seguire quella seducente apparizione e soffocare nella voluttà l’angoscia che lo torturava. Cancellare così, profanandola, la tormentosa dolcezza che il contatto della fanciulla amata aveva lasciato in tutto il suo essere. Perchè non avrebbe fatto come tutti gli altri? Non era sciocco di soffrire così, mentre avrebbe potuto godere la vita facile e spensierata di quasi tutti i suoi coetanei?

Era l’unica via per uscire dal sogno tormentoso della sua casta e fervida giovinezza. Tremò e vacillò d’orrore più che di voluttà, ma il fascino dell’orrore è forse il più terribile. No!... Il suo cuore si ribellava. Mai, mai. Che sarebbe di lui poi? Senza poesia, senza luce, avendo profanato l’amore, insozzata la diletta immagine della sua fanciulla, che sarebbe di lui?

E come farebbe a combattere Faustino Belli,