Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/389

Da Wikisource.

— 391 —

In un impeto di sincerità, sua madre gridò:

— La mia Eugenia! la mia povera Eugenia! È per lei che io piango, non per i denari. I denari per me non hanno nessun valore, se non li posso spendere a modo mio.

Leonardo ritornava a passi lenti dalla sua corsa forsennata traverso la casa.

— Cosa avete detto di Eugenia?...

Nessuno osò rispondergli.

— Cosa avete detto?.. Ha fatto una pazzia?

I suoi occhi, dilatati dallo spavento, si fissarono su Antonietta.

— Una pazzia... come la tua! Di’?

— No, babbo, Eugenia sta benissimo; ma non vuol più stare con suo marito. Lo ha piantato.

— Ah!... Ila fatto bene... quella canaglia se l’è meritata.

— Ha fatto benissimo — ripeteva Angelica singhiozzando. — Avrei fatto anch’io lo stesso. Ma intanto io non mi marito più. Chi mi deve pigliare?... Cosa farò io senza dote, con la fama che si sono fatta le mie sorelle?... Io sono la vittima di tutti...

— Taci, antipatica! — le gridò Riccardo guardandola di traverso.

A questo grido, la incorreggibile monella gli si slanciò contro come una vipera.

— Antipatica?... Vuol dire che sono proprio tua sorella, odioso, prepotente, egoista!