Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/390

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— Zitti! — gridò il signor Leonardo. — Non vi vergognate di bisticciarvi mentre la sventura ci colpisce?... Oh, la mia povera vecchia, sono quattordici mesi che l’abbiamo portata al cimitero; ma il suo spirito è certo in mezzo a noi, e chi sa come soffre delle nostre afflizioni. Siamo almeno degni di lei.

— Sì, babbo, hai ragione. Bisogna essere forti. Se Amilcare non arriva stasera, bisogna che tu vada a Pavia domattina per pregarlo di assumere la nostra parte: per farci ricuperare quel poco che si può. Non c’ è altri che lui che ci possa aiutare.

— Andrò, sebbene mi pesi. Dopo quello che m’ha scritto...

— Non bisogna badarci. Parla così perchè non si può trattenere dal lanciare le sue frecciate, ma in fondo è meglio di tanti.

— Lo so. Cosa hai notato lì?

— Il nostro dare e avere. Andiamo di là, ti mostrerò.

Quando i due uomini si furono allontanati, Angelica ricominciò ad inveire contro le sue sorelle, contro suo fratello, contro tutti.

Ella voleva andarsene: avrebbe più fortuna fuori di casa. Tanto e tanto, un marito come si deve non lo trovava più; non voleva stare a casa a muffire.

— E cosa conti di fare? — le dimandò Maria.

Voglio andare sul teatro. Sicuro. Ho una