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la dama della regina 113

— Avete ragione di andarvene; qui, un cavaliere come voi non può che morir di noia.

Indovinò egli il movente che spingeva la dama a parlargli a quel modo? Forse. Arrossì e la sua voce tremò; le parole non dissero che un grande sconforto.

— Oh, no, signora: non è la noia che mi spinge a partire. Starei qui in eterno... — S’interruppe e tacque un istante.

— Temo piuttosto — soggiunse a bassa voce — temo d’essere io noioso, forse importuno.

Ella lo guardò negli occhi; ma il fuoco ardente di quelle pupille la costrinsero ad abbassare le sue.

— Non capisco. A chi mai potete voi temere d’essere importuno?...

Egli ebbe un movimento impetuoso e stese lo braccia verso di lei.

— O Signora!... — balbettò.

Ella comprese di avere pronunciate quelle parole con un’espressione troppo viva; arrossì a sua volta; arretrò d’un passo e cercò di rimediare alla meglio.

— Volevo dire che in un paese come questo, la compagnia di un uomo di spirito come voi è troppo rara per non essere desiderata da tutti.

Egli s’inchinò, ridivenuto freddo e padrone di sè.

— Vi ringrazio. La vostra bontà mi darà il oraggio di ritornare. Potete credere che in que-