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la dama della regina 115

voce, qualche sorriso. Gli uomini leggevano le gazzette che il conte riceveva specialmente da Parigi. Ed or l’uno or l’altro leggeva ad alta voce le notizie più interessanti. Si commentavano quelle notizie; si esprimevano opinioni più o meno incerte e malinconiche. Nessuna disputa di qualche entità era possibile poichè tutti pensavano su per giù allo stesso modo.

Tutti amavano Venezia, San Marco, il leone alato... Tutti, meno Aurelio, che pure essendo conservatore possedeva uno sguardo più ampio, tutti inveivano contro la Francia repubblicana, contro il Direttorio, contro Buonaparte. Contro Buonaparte peraltro, inveiva qualche volta anche Aurelio; ma egli vedeva pure gli errori, la debolezza, la miseria di quelli che reggevano la Serenissima, e non potendo, o non credendo opportuno di aprire agli altri tutto l’animo suo, per lo più taceva. Il capitano Gori, ardito e attento, attaccava pure qualche volta il Senato e il doge. Ma don Ludovico trovava sempre buone ragioni per difenderli. Non si doveva prenderli tutti a mazzo i senatori; vi erano i buoni e i grami. E poichè nessuno poteva contraddirlo in ciò, finivano con lo scagliarsi tutt’insieme contro i traditori, i mestatori, le spie ed i fautori del Buonaparte.

— I Marco Apolonio! — gridava il capitano Gori. — I compagni di questo malvagio