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198 la dama della regina

Bianca la guardò stupita e s’allontanò senza replicare.

La mattina del 15 maggio arrivò in paese il dottor Marco Apolonio pazzo di gioia e d’entusiasmo. Veniva a cantare il trionfo della democrazia, a piantare l’albero della libertà. Declamava ad alta voce la sconfitta dell’oligarchia e dell’inquisizione, la fine di una politica d’inganni, di spionaggi, e via di questo passo.

— Abbiamo concluso la pace con la Francia — gridava sulla porta del meschino caffè, ai pochi ascoltatori della piazza. — Bonaparte... ma finite di chiamarlo Buonaparte!.. Napoleone Bonaparte è ora nostro alleato, nostro amico: credetelo a me, egli è nostro amico! Ah! cari concittadini, se lo conosceste!.. Che genio, che cuore!.. La lealtà in persona!...

Ma queste parole enfatiche non producevano l’effetto sperato. I popolani guardavano l’oratore sgomenti e tiravano via per la loro strada.

Con lui era arrivato un giovine veneziano dotato di ugual parlantina. Andavano su e giù per le vie, trinciando l’aria con grandi gesti: sembravano i padroni del mondo. Alcuni marinai che avevano assorbito qua e là qualche nuova idea e imparato il frasario di moda, si misero