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88 la dama della regina

osava dargli dei buoni consigli; ma il povero re non sapeva valersene, forse non poteva. Quante volte vedendo mio marito triste, angosciato, lo pregavo di sfogare con me la sua pena, di aprirmi il suo animo desolato. Sebbene non avessi alcuna esperienza della vita, lo comprendevo ed egli non disdegnava di confidarmi i suoi pensieri. Mi diceva allora tante cose grandi e belle, idee e progetti utili e generosi che avrebbe voluto attuare per il bene del re e della Francia; e non poteva: difficoltà insormontabili, ignoranze ed egoismi ciechi vi si opponevano. Parlava con me come avrebbe parlato con un suo pari, tanto mi stimava. Ed io cercavo d’innalzarmi fino a lui, di meritarmi la sua stima e il suo amore che era immenso. Un giovine non avrebbe saputo amarmi così. Purtroppo, erano poche le ore che potevamo stare insieme. Egli aveva diverse cariche ed io pure era molto legata. Eravamo sposi da pochi mesi allorchè avvenne la presa della Bastiglia. Da quel giorno l’inferno si scatenò su noi. In ottobre i Sovrani lasciarono la deliziosa residenza di Versailles, l’incantevole Petit-Trianon, per stabilirsi a Parigi alle Tuilleries, palazzo freddo, non preparato per la famiglia reale, disabitato da molti anni. Il re aveva promesso ai rappresentanti del popolo di andare a stabilirsi a Parigi e la regina volle