Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/317

Da Wikisource.

i - terze rime 311

     100Ne la mia faccia pallida ed essangue
fede acquistate de la pena cruda,
onde ’l mio cor innamorato langue.
     103Né anch’io d’orsa, che ’n cieco antro si chiuda,
nacqui; né l’erbe stesa mi nudriro,
come vii bestia, in su la terra ignuda;
     106ma tai del mio buon seme effetti uscirò,
ch’alcun non ha da recarsi ad oltraggio,
se del suo amor io lagritno e sospiro.
     109Ciò dir basti parlando con uom saggio,
ché far con voi per questa strada acquisto
nel mio pensiero intenzion non aggio;
     112ma del mio stato ingiurioso e tristo
cerco indurvi a pietá con le preghiere,
e di sospir col largo pianto misto.
     115Ch’ai segno de le doti vostre altiere
alcun raro in me pregio non arrive,
questo ogni ragion porta, ogni dovere;
     118ma quel, che dentro ’l petto Amor mi scrive
con lettre d’oro di sua man, leggete,
se ’l mio merto ha con voi radici vive.
     121L’obligo de l’amante vederete,
d’esser grato a l’amor simile al mio,
se con occhio sottil v’attenderete.
     124Ma né con questo voglio acquistarvi io:
solo a l’alta pietá del mio martire
farvi per cortesia benigno e pio.
     12711 mio continuo e misero languire,
l’amorose querele, ond’io vi prego,
vi faccian del mio duol pietá sentire:
     130gran forza suol aver di donna prego
negli animi gentil, ch’ancor non ame;
ed io, d’amor accesa, a voi mi piego.
     133Prima che ’l duol di me si sazi e sbrame,
e mi riduca in cenere quest’ossa,
date ristoro a le mie ardenti brame;