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CAPO VII. 117

all’età vetusta1, è assai manifesto contrassegno del grido e del poter dei dominatori in quella contrada. Senzachè non mancano nè pure per là entro indubitate tracce della loro antica signoria, il che ci sarà uopo dimostrare appresso. Ed ecco in che modo avanzandosi gli Etruschi anche per l’Italia meridionale giunsero di luogo in luogo alle sponde del Liri, oggi detto Garigliano. Trapassarono quel fiume: si piacquero nel molle e dilettoso territorio: e quivi fermatisi nelle felici contrade della Campania vi ordinarono, come già nell’Italia superiore, uno stato eguale confederato.

Gli Opici od altrimenti Osci, copioso e antichissimo popolo, erano in allora possessori di quel tratto dell’Opicia che occuparono gli Etruschi, e che prese di poi il nome di Campania. Allevati in un suolo fertilissimo non par che i nazionali vi facessero troppa resistenza agli invasori del loro paese, facile preda dei forti: onde gli Etruschi, tolti per se i be’ campi d’intorno al Vulturno, di là progredirono per l’adiacente contado sino al fiume Silaro, che verso mezzodì pose il termine della Campania antica, e in un del dominio etrusco2. Secondochè fatto avevano oltre l’Appennino condussero quivi dodici colonie, e vi edifi-

  1. Per questo l’isola d’Aea, od altrimenti di Circe, vien posta giustamente da Apollonio (iv. 660) nella Tirrenia al tempo degli Argonauti: lo stesso si trova nel titolo d’uno degli epigrammi del Peplus, attribuito ad Aristotile (Epig. 20), e nell’antico scoliaste d’Omero: ad Odyss. i. 32.
  2. Strabo v. p. 173.