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CAPO VII. 145

notabili, che han lasciato di se vestigi, vogliamo tacere di Fiesole, madre di Firenze, e la sola prossima all’Arno, la quale nel suo sito e nelle sue muraglie mostra tuttora la forza antica1. Ma gli altri pochi avanzi d’edifizj, che quivi s’additano allo straniere, sono per certo fabbricazioni dei tempi Romani, non mai opra di veri Etruschi2. Di artificio loro più tosto è l’anfiteatro di Sutri, mirabile a vedersi, tutto scavato nella solida rupe, e che può avere forse a mille passi di circonferenza.

Le dodici città capitali rappresentanti insieme l’unione e la lega degli Etruschi, erano di più dominatrici sovrane nel loro proprio distretto, e reggeva ciascuna sotto sua giurisdizione le minori terre. Assai per tempo edificarono colonie del loro sangue, sia che ciò facessero per voto sacro in quel d’altrui3, sia ne’ propri terreni, da cui ne aveva l’autorità, con osservanze più civili. Nell’uno o nell’altro modo Capena e Fidene furon colonie di Vejo4. Volterra per darsi la comodità d’un porto vicino, fabbricò

    poco antica a fronte delle mura di Fiesole e dì Volterra, con pietre quadrilunghe, e di vera costruzione etrusca. Così Saturnia fu mutata in colonia nel 569 (Liv. xxxix. 55.); forse in allora o venne ricinta di nuovo, o restaurata con le attuali sue mura.

  1. Vedi i monumenti tav. v. xi. xii.
  2. Per alcun rapporto inesatto cita Niebuhr il teatro di Fiesole come un edifizio colossale degli Etruschi (p. 133. 139): ma l’opera è al tutto romana e di costruzione non molto antica. D’uguale fattura romana sono i residui dell’anfiteatro di Arezzo.
  3. Vedi sopra p. 33, n. 4.
  4. Vedi pag. 116.