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CAPO IX. 191

faremmo nè pure ricordo della stravagante opinione prodotta nelle scritture de’ Greci, che i Sabini discendessero da una mano di Lacedemoni, qua venuti al tempo di Licurgo1, se questa folle credenza, sprezzata dal senno di Virgilio, non avesse trovato assai ripetitori e seguaci; e non fosse per se validissimo argomento a comprovare con quale insania già nel tempo antico si fosse sfigurata l’italica storia, per mera vaghezza e vanità di origini elleniche.

Così dunque la prima sede dei Sabini si rinviene istoricamente negli alti monti dell’Abruzzo superiore, dove han sorgente il Velino, il Tronto, ed il Pescara. E qui ancor per geologica dimostrazione si conosce, che questa parte più sublime della Sabina ha dovuto essere la prima abitata. Per queste sommità dimoravano in fatti le tribù nominate in genere degli Aborigeni; ed allora quando per la mossa degli Umbri eglino si portarono addosso a quelle ne successe, che una parte

    Sevini appellati. Plin. iii. 12. Sentenza di Varrone fondata in una etimologia greca puerile: ἀπὸ τοῦ σεβέσθαι θεοὺς. Varro ap. Fest. v. Sabini.

  1. Dionys. ii. 49; Plutarch. Numa. Dionisio bensì, riguardo a Catone, testimonia contro Servio disavveduto. Ma Gneo Gellio e Giulio Igino ripeterono fra i Latini cotesta novella, ampliandola di loro capo: Sabini a Lacedemoniis ducunt a Sabo, qui de Persides Lacedaemoniis transiens, ad Italiam venit, et expulsis Siculis, tenuit loca, quae Sabini habent. Nam et partem Persarum nomine Caspiros appellare coepisse, qui post corrupte Casperuli dicti sunt. Serv. viii. 638. — Tal è quasi sempre la logica dei fautori di coteste origini greco-italiche.