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228 CAPO XI.

seguitando il corso di quel fiume, sedevano in sull’una e l’altra costa de’ monti Vola, Cliternio, e la fredda Carseoli: dove lo statuto1 vietava il nominare i lapi infesti alle campagne: il che solamente ricordiamo a fine di mostrare quanto ivi intorno, come altrove, luoghi inospiti e selvaggi fosser tolti dalla gagliardia de’ nostri padri alle fiere, per esservi diboscati, dissodati e coltivati. Mediante l’unione di queste terre popolose con altre minori si componeva tutto l’universale degli Equi, sì formidabili a Roma ne’ suoi primi secoli.

La confederazione degli Ernici, niente meno temuti e valorosi, comprendeva soltanto le comunità degli Alatrini, Verulani, Ferentini ed Anagnini: tutti stanziati non lungi alle sorgenti dell’Aniene e del Liri in angusto e dirupato territorio, il qual prendeva con voce sabina o marsa, ch’è quanto dir osca, il suo nome di petroso dalla natura de’ luoghi. E l’appellativo di Ernici non avea esso stesso altro propio significato, che quel di abitatori delle rupi2. La tradizione riferita da Servio, e probabilmente tolta come tant’altre di buona lega da Catone, portava

    gidì Trevi: e Trebula sul confine della Campania e del Sannio: in origine capi luoghi d’una distinta tribù: in osco; come più volte nel sasso di Abella.

  1. Lex carseolana. Ovid. Fast. iv. 710.
  2. Quidam dux magnus (cioè a dire un Meddix Tuticus) Sabinos de suis locis elicuit, et habitare secum fecit saxosis in montibus. Unde dicta sunt Hernica loca, et populi Hernici. Serv. vii. 684. Dicti sunt a saxis, quæ Marsi herncæ dicunt. Fest. s. v.