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CAPO XXII. 137

imprecative, parole e frodi magiche, che da ciascuno appropiavansi con divota credulità ai presentimenti de’ futuri casi, alle divinazioni de’ sogni, ed a qualunque altro umano prestigio: tanto naturalmente ciascuna tema genera ne’ petti mortali la sua superstizione. E nondimeno lodevoli, salutari, severi, e pieni di religiosa riverenza furono in principio gli ordini legittimi del sacerdozio istituiti in un senso utile ai costumi: basti rammentare per tutti la sacra compagnia dei Salj, e quella degli Arvali, entrambi anteriori a Roma, e parimente validi a mantenere non meno la sicurezza della città, che la prosperità delle campagne.

Ma nessun altro instituto sacro pareggiava in virtù ed efficacia quel degli Aruspici: titolo consacrato in Etruria ai maestri della divinazione. La dottrina loro misteriosa era l’arte somma dell’aristocrazia sacerdotale: arte nata in casa di grande accorgimento di prudenza, e fin dall’origine temperata di scienza naturale e divina. L’indigeno Tagete, uscito fuori di questa terra, fu il sacro rivelatore di quella1. Nulla scrisse lui stesso, come Bouddha: però le sue rivelazioni furono raccolte e scritte da chi le udì2: indi esposte

  1. Cicer. de Div. ii. 23. 38,; Festus v. Tages.; Censorin. 4.; Ovid. Met. xv. 533 sqq.

    Indigenae dixere Tagen: qui primus Etruscam
    Edocuit gentem casos aperire futuros.

  2. Cicer. et Censorin. l. c; Gio. Lido p. 10. nomina un Tarconte: il cui nome mitologico, e insieme eroico, si ritrova in tutte le antiquate tradizioni etrusche. Vedi Tom. i. p. 113.