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Pagina:Storia degli antichi popoli italiani - Vol. II.djvu/189

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CAPO XXIII. 183

polo. E dove, al dir di loro, certi fulmini, chiamati d’autorità, minacciavano il vivere libero, altri presagi favorevoli lo difendevano1: nè mai Giove stesso vibrava di colassù fulmini distruttori se non col parere degli altri grandi iddii. Sublime concetto, il qual tendeva ad insegnare ai regi moderare la suprema autorità; a implorare il consiglio de’ savi; ed a ben imprimere e scolpire nell’animo, che lo stesso nume sovrano non ha da per se intendimento bastante onde percuotere mortalmente2. Altre qualità di fulmini secondochè saettavano luogo consacrato o pubblico, le mura, le statue divine, o pur quelle di benemeriti cittadini, annunziavano alla repubblica civili procelle, rie ambizioni, soprastanti pericoli3; mali tutti che i libri Fatali insegnavano potersi all’uopo rimuovere dalla città, o dalle case de’ privati, in un certo spazio di tempo definito dal destino4. Un diario del tuono, compilato dai sacerdoti sotto il nome di Tagete, in cui erano antiveduti presso che universalmente i casi

  1. Tarquitius, ex ostent. Tusco, ap. Macrob. Sat. iii. 7.
  2. Discant hoc ij, quicumque magnam potentiam inter homines adepti sunt, sine consilio nec fulmen quidem mitti: advocent, considerent multorum sententias, piacita temperent, et hoc sibi proponant, ubi aliquid percuti debet, ne Jovi quidem suum satis esse consilium. Senec. ibid. 43.; Festus. v. Manubiae.; Gracchus ap. eumd. v. Peremptalia.
  3. J. Lyd. de Ostentis. p. 176-186.
  4. Prorogativa fulmina davano il presagio: quelli concernenti al pubblico non estendevano il loro effetto oltre a trent’anni: gli altri; concernenti agl’individui, dieci anni. Vedi sopra p. 141.