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CAPO XVIII. 17

zio, nessuna pena, parea lor bastevole per la conservazione della domestica libertà: il perchè i Romani non vedendo mezzo a domare totalmente le schiatte liguri adoprarono il crudele spediente o d’estirpare i più feroci, o di trasportarli violentemente dal luogo natio in più lontani paesi. Queste barbare traslazioni di popoli sommessi1, de’ quali il vincitore non si fidava, le appresero i Romani dai dispoti dell’Asia, che molto frequentemente le usarono: e tal fu la dura sorte degli Apuani, messi fuori in numero di quarantamila uomini con le mogli e figliuolanza, e di là trasportati senza commiserazione alcuna in Sannio nella regione degl’Irpini. Non ebbero miglior sorte gl’Ingauni, abitanti la riviera di ponente, a’ quali fu mutato sino a trenta volte il terreno2; così come i mandriani tramutano di luogo in luogo le mandrie loro. Nella pompa di tanti ripetuti trionfi sopra i Liguri domati era molto discaro ai Romani non aver mai oro, nè argento predato da mostrare, forte appetito da loro nella guerra, ma soltanto grandissima copia d’armi3. E se ben nell’ebbrezza dell’orgoglio eglino chiamassero trionfi castellani coteste sanguinose vittorie4, pure è certo, che ancorchè soggettata la Liguria non cessava il senato d’invigilare con cautissime difese al governo di quella indocile provincia.

  1. Anastases.
  2. Ingaunis Liguribus agro tricies dato. Plin., iii. 5.
  3. Liv., xl. 38.
  4. Cicer., Brut., 73.