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240 CAPO XXV.

cose greche. Essendo fatto innegabile tra due popoli vicini la frequentazione, e un vicendevole scambio di comodi, d’arti e d’idee. Or per tal forma dovette propagarsi assai per tempo, e più largamente che altrove nell’Etruria di mezzo, la notizia de’ miti ellenici, e delle storie di Tebe e d’Ilio: le quali è pur vero che riempievano il mondo del loro grido. Cuma, prima fra le città calcidiche della Campania, era già molto nobilitata di tempj e di profani edifizi adorni di statue nel 250 di Roma1. Ma l’arti greche erano pur allora di poco avanzate nel patrio suolo, e se meglio fiorivano nelle colonie asiatiche, e sì ancora italiche, abbiamo nelle medaglie più antiche di Sibari, di Posidonia, Crotone e Caulonia, un saggio dello stile secco e duro che ivi correva nel secondo secolo, molto somigliante all’eginetico ed all’etrusco antico: perciocchè, se bene consideriamo, in questi primi esercizi dell’arte tenne ciascuno da per se una stessa via. I naviganti etruschi frequentavano ancora in altre parti della Magna Grecia e in Sicilia. I loro corsali già infestavano il Faro siciliano nel 2602. E per altre memorie istoriche siamo fatti certi, che gli Etruschi seguitarono a navigare in que’ mari di mezzogiorno fino alla metà del quinto secolo3. Più largamente navigavano essi e mercavano nelle parti orientali e nel-

  1. Dionys. vii. 3.
  2. Strabo vi. p. 177.
  3. Vedi sopra p. 54. 55.