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Pagina:Storia degli antichi popoli italiani - Vol. II.djvu/253

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CAPO XXV. 247

a suo genio quel figurato artificio che più gli aggradiva. Or queste urne mostrano un’arte d’imitazione al tutto provinciale; la qual se non basta veramente a porne sotto gli occhi lo stile migliore, giova però moltissimo a confermare e illustrare i costumi nazionali. Poichè, se bene presso che tutte le sculture di cui ragioniamo sieno rappresentative di miti greci, molte cose ritratte non di meno sono pur sempre vera immagine di credenze antiche, e d’usanze paesane. Di tal modo vi si trovano frequentissimamente effigiati i buoni e mali genj, benchè sotto forme dissimili a quelle che concepiva in prima il dualismo1. Di già era arbitrio d’artista, non che costume nell’arte, il frammettere alla rappresentanza de’ miti ellenici ogni forma di cose nazionali, quali s’aveano dinanzi agli occhi: come a dire arredi sacri, armi, vestimenti, edifizj: di che, per ogni più certa prova, ne basti allegare il basso rilievo già per noi pubblicato di un’urna volterrana significante la morte di Capaneo: dove, in luogo della porta Elettride, l’artefice ha sculto la porta antica di Volterra, tal quale si vede tutt’ora in piede2.

Nulla meno numerosi, e non troppo antichi, sono certi lavori di metallo fatti a graffito. È questo una specie d’intaglio lineare a bulino, in cui le figure sono segnate con puri tratti senza lume e senz’om-

  1. Vedi sopra p. 115. 116.
  2. Vedi tav. vii. tav. cviii.