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272 CAPO XXVI.

come fa Dionisio1: ma per la qualità dei costumi predominanti, fattasi mite la servil condizione, eglino non potevano essere a petto ai liberi nè di troppo numerosi, nè vilmente oppressi2.

La geografica posizione e la struttura fisica dell’Italia; monti di tutte l’altezze, ampie pianure, fiumi, e mari che la cingono intorno; il clima variabile, che le fa sentire durante il corso dell’anno differentissime gradazioni di temperatura; danno alla nostra penisola, tal varietà di siti, di cielo e d’esposizione, da renderla per natura atta a coltivare i frutti dell’Europa, dell’Asia e dell’Affrica insieme. La dovizia di vegetabili indigeni, e di piante rare, che congiungono la Flora nostra con la Flora della Sicilia, della Grecia e della Libia, è manifesta per gli studi dei botanici3. Nè pochi sono gli alberi fruttiferi e gli animali di patria asiatica od affricana qua trasportati o per la cura degli uomini, o per cause accidentali, i quali non v’abbiano preso, per dir così, naturalità indigena. Certo non fu caso, come dice acutamente Niebuhr, che nel latino e nel greco sien nominati con le stesse parole campo, aratro, bove, pecora, porco, in breve tutti gli oggetti principali appartenenti all’agricoltura, ed alla pacifica vita. Poichè se verissimo è che quest’arte pro-

  1. ix. 5.
  2. Vedi sopra p. 88.
  3. Plantae rariores, quas in itinere per oras Jonii ac Adriatici maris, et per regiones Samnii ac Aprutii, collegit J. Gussone. Neap. 1826.