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76 CAPO XXI.

più un comune di plebei. Ma qualunque siasi dignità politica e sacerdotale, o altrimenti la somma del potere sovrano, si ritrovava soltanto nel popolo dei patrizj, originali e legittimi cittadini, perchè dessi soli avevano gli auspicj della città. Ogni altro sacerdozio, così in Etruria1 come altrove, era ugualmente un prescritto e speciale privilegio delle schiatte nobili. Sicchè per la natura medesima di cotal reggimento dell’Etruria, misto d’elementi sì diversi, ben si ravvisa, al nostro giudizio, come mitigatasi in progresso di tempo, e addolcita dall’uso l’istituzione teocratica primitiva, figlia dell’Oriente, la stessa sapienza politica si fosse all’ultimo concordata col genio più mite dell’Occidente. Nelle famiglie patrizie sacerdotali di numero e di nome immutabile, veggiamo in fatti la stabilità orientale, e in certo modo il costume delle nazioni asiatiche. Dove per lo contrario nella condizion del comune dei plebei, partecipi della cittadinanza, manifestamente si rinviene una tal qual franchezza di potere individuale, e il grande principio di mobilità, essenzial carattere della civilità progressiva in Occidente. I Greci dal lato loro, già innanzi al tempo di Omero, s’avean levato affatto dal collo il giogo sacerdotale, indirizzando l’umanità a tutt’altro sistema di civile governo. Gli Etruschi non progredirono tant’oltre; ma conservarono più tenacemente l’essenza del

  1. Di tal modo A. Cecina di sangue etrusco, e di chiarissimo nome, aveva imparato quelle dottrine dal padre. Cicer. Fam. vi. 6.