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CAPO XXI. | 89 |
più universalmente, già ne’ primi secoli di Roma, gli schiavi domestici s’adopravano d’ogni maniera per tutti gli ufizi e mestieri: alle volte anche in guerra, come fecero con fidanza i Vejenti1; soventemente quali esperti ministri delle pompe e voluttà di facoltosi padroni2.
Con ragionato giudizio anteponeva Cicerone, per bocca di Crasso, la prudenza civile dei nostri a quella degli altri savi, e de’ Greci massimamente3. Tanto che, al dir di lui, il sapientissimo Numa avea di già insegnato e posto in pratica ottime leggi, avanti che i Greci pur s’avvedessero che Roma fosse nata4. Ma la sapienza alta e verace attribuita a Numa sabino altro non era che italica sapienza senile5: o sia quell’ordine politico fondamentale sacro insieme e civile, che costituiva e reggeva nell’universale l’italica società con forme sue proprie, forti e originali. Secondo la mente dei legislatori la morale pubblica, ed i virtuosi costumi, sostegno della città, dovevano es-
- ↑ Dionys. ix. 5.
- ↑ Diodor. v. 40.; Liv. v. 1.
- ↑ De quo multa soleo in sermonibus quotidianis dicere, cum hominum nostrorum prudentiam caeteris hominibus, et maxime Graecis antepono. De Orat. i. 44.
- ↑ Quo etiam major vir habendus est, cum illam sapientiam constituendae civitatis duobus prope saeculis ante cognovit, quam eam Graeci natam esse senserunt. De Orat. ii. 47.
- ↑ Quantus iste est hominum! ac tamen facile patior non esse nos transmarinis, nec importatis artibus eruditos, sed genuinis domesticisque virtutibus. Cicer. de Rep. ii. 15.