medesime cagioni generano indubitabilmente i medesimi effetti. Si è detto le mille volte che le circostanze contribuiscono a far gli uomini buoni o cattivi. Questi due re fratelli, discordi e nemici fra loro, diedero occasione al malvagio consigliere di mostrare ad un uomo ambizioso il campo aperto a correre al trono. E l’ambizioso approfittò tosto dell’empio consiglio per satollare la propria ambizione. La morale di questa sanguinosa catastrofe si è, che lo scandalo della inimicizia fraterna fu punito solennemente da un nemico d’entrambi; ma chi ha ordito la orribile trama pagò colla propria vita il fio di tanta scelleratezza. Godeberio e Bertarido sono l’Eteocle e il Polinice del medio evo per ciò che spetta all’analogia delle circostanze; quantunque il complesso della storia di questi e di quelli sia in gran parte diverso. Essendo questo un argomento in ogni parte tragediabile (come diceva l’Alfieri), noi abbiamo giusto fondamento di credere che sarà esso trattato da una penna, che non isdegna il romanticismo del tema, senza però dipartirsi dall’ordine e dalle regole del classicismo. Il fatto è grande, perchè si tratta dell’occupazione del regno de’ Longobardi in un modo fino allora inusitato a quella nazione; e chi ascende su quel trono è un uomo di grande prudenza, e di specchiato valore, talchè col tempo è confermato dalla nazione stessa nel regno, e diviene legislatore della medesima. L’argomento può conservar l’unità di azione, di tempo e di luogo; perchè essa può cominciare la notte della venuta di Garibaldo a Pavia, ed ivi terminare alla metà del giorno seguente. I caratteri de’ personaggi sono forti e variati. Grimoaldo è un ambizioso che s’approfitta della fortuna per soddisfare alla sua passione; Godeberlo e Berlarido due uomini alteri della lor condizione, avidi di regnare, accesi di scambievole fierissimo odio. Ma Godeberto che chiama a sè un ausiliario per rovinare il fratello apparisce veramente malvagio; l’altro non è che un uomo violento che mette in opera la propria forza