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LIBRO SECONDO — 1764. 91

re, che presagivano altre feste popolari e feroci. Essendo quello abate il signor Mazzinghi, nobile fiorentino, ln corte di Toscana fece lamentanze alle corti di Napoli e di Spagna; ma non potendo ragion privata disturbare la concordia de’ regnanti, spettava alla istoria vendicare il Mazzinghi. Il quale fuggendo la inospitale città, e vergognando di tornare in patria, fermato a Roma dopo alcuni mesi di melanconia si morì.

Più volte all’anno, dopo la pesca ne’ laghi di Patria e del Fusaro, il re vendeva il pesce, serbando pratiche, aspetto ed avarizia di pescivendolo. Le malattie o le morti nella famiglia, le guerre infelici, le sventure di regno, la perdita di una corona, nol distoglievano dalla caccia nè da’ giuochi villani, siccome andrò narrando nel corso della istoria. I quali esercizii, e la conseguente stanchezza, e l’ozio, e ‘l molto cibo, e il sonno prolungato, riempiendo tutte le ore del giorno toglievano il tempo a coltivare la mente o a governare lo stato. Non mai per vaghezza di studii o per pubblici negozii leggeva libro o scrittura; e come nella minorità la reggenza guidava il regno, così quando ei fu libero lo guidavano i ministri o la moglie. Apportandogli tedio sottoscrivere del suo nome gli atti d’impero, li faceva in sua presenza segnare con sigillo a stampa che gelosamente custodiva. Impaziente alle funzioni della mente, fastidiva i consigli di stato; raro li chiamava, presto li discioglieva; vietando i calamai per ischivare la tardità dello scrivere. Nelle quali particolarità essendo le cagioni di molti fatti, ho voluto trattenermi ne’ principii del libro, acciò i racconti non tornino incredibili o maravigliosi.

VI. Nell’anno 1763 per iscarso ricolto di biade i reggitori si affrettarono a provvedere l’annona pubblica. i cittadini la privata; ma volse in danno il rimedio; però che il molto grano messo in serbo, soccorrendo i bisogni avvenire; trasandando i presenti, fece la penuria nel cominciar dell’anno 1764 certa ed universale, Le inquietudini e i lamenti del popolo, i falli del governo, l’avidità de’ commercianti, e i guadagni che vanno congiunti ad ogni pubblica sventura, produssero danni maggiori e pericoli; si vedevano poveri morir di stento; si udivano votati magazzini o forni; poi furti, delitti, rapine innumerevoli. La reggenza, prefiggendo alle biade piccolo prezzo in ogni terra o città, desertò i mercati; dicendo non vera la penuria ma prodotta da monopolisti, concitò turbolenze; e disegnando a nome certi usurai, furono uccisi. Spedì nelle province commissarii regii e squadre di armigeri a scoprire i depositi di frumento, metterlo a vendita ne’ mercati, e punire (diceva l’editto) gli usurai nemici de’ poveri. Capo de’ commissarii con suprema potestà era il marchese Pallanti, che a mostra di rigorosa giustizia, faceva alzare le forche ne’ paesi doye poco appresso ci giungeva con