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96 LIBRO SETTIMO — 1812.

tranquilli negli usi ordinarii della vita, far lavori, recitar canzoni, rappresentar commedie; e per vie così dolci (contrapponendo l’esercizio continuo della ragione alle stravaganze temporaece dello sconvolto intelletto) tornar sani e saggi.

Sul colle di Miradois fu fondato l’osservatorio astronomico, con disegno del barone Zach ed istromenti di Reichembach. Eglino stessi, quando già l’opera procedeva, vennero in Napoli ad esaminarla; e furono da’ dotti e dal re onorati qual convenivasi al merito ed al grado dei due personaggi. L’edifizio al cadere di Murat era vicino al termine; ma, compiuto da’ Borboni, diede a maggior parte di gloria.

XLIII. Non altro di memorabile si fece in quell’anno, perocchè in aprile il re, lasciando reggente la regina, si partì. Egli era stato richiesto dall’imperator Napoleone a comandare nella guerra di Russia la poderosa cavalleria dell’esercito; avvegnachè forza di sdegno comunque grande fra i due congiunti non poteva far trasandare a Bonaparte i militari servigi di Murat, o reprimere in questo il focoso istinto di guerra. Io narrerò ciò che di memorabile egli fece nelle battaglie, essendo parte della storia di Napoli la storia del suo re; e paleserò a suo luogo ciò che ei disse a me stesso di quella guerra, acciò sia documento alle cose di Francia variamente raccontate da due scrittori di fama, e contrastata per fin con le armi.

La guerra era inevitabile. Bonaparte, benchè impegnato ne’ travagli della Spagna, e pervenuto ad altissima potenza, marito, padre, necessitato a stabilire le acquistate fortune, non trasandava le nuove ambizioni di dominio e di gloria sì che avea trasgredito i recenti patti di Tilsit. E l’imperatore Alessandro, già gravato da quei patti, e peggio dalle trasgressioni, spronato dall’Inghilterra, confidando nella Prussia scontenta, e nell’Austria facilmente infedele, potente anch’egli ed amante di gloria, si apprestava al cimento. Che Bonaparte aspirasse ad universale monarchia (sospetto antico più accreditato per quella guerra) fu voce nemica e credenza plebea, dappoichè, se il pensava, non avrebbe rilasciate, dopo prese, la Prussia e tre volte l’Austria; nè fatto un parentado ed un’alleanza che gl’impedivano di estendere i confini dell’impero. E se dopo impresa felice ingrandiva sè ed i suoi, era premio di fatica, guadagno di fortuna, desiderio di maggior potenza, e dirò pure avidità o insazietà ma non mai stultizia di universale impero.

Vista inevitabile la guerra, fu l’imperatore Bonaparte il primo a muoverla per lo avvantaggio che si ha nello assalire, e per contenere la infedeltà dell’Austria, la scontentezza della Prussia. E difatti que’ due potentati, benchè tentati dall’Inghilterra, e contrarii per odio antico alla Francia, temendo la presenza di quelle