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LIBRO SETTIMO — 1812. 97

squadre e di quel duce, fermarono con esso trattati di alleanza. Era immnensa l’oste di Bonaparte, Polacchi, Prussiani, Tedeschi di tutta Germania, Annoveresi, Italiani, Spagnuoli andavano con Francia; e stava dall’opposta parte la Russia, il verno e la barbarie. Si ordinarono i due eserciti: il moscovita accampava su la estrema frontiera occidentale; l’altro gli andava incontro, ed era primo reggitore dell’avanguardia il re di Napoli. Si avvicinarono così che un fiume li separava; sdegno, superbia, sentimento della propria forza spingeva gli uni e gli altri a combattere; non mancava che il segno, e fu dato da Bonaparte su la sponda del Niemen il 22 di giugno del 1812. E però Gioacchino con la potente sua schiera, valicato il fiume, pose primiero il piede su la terra de’ Russi.

Prese indi a poco senza contrasto la città di Vilna; i Russi, bruciando le copiose vettovaglie provvedute con gravi spese, la abbandonarono. I Francesi avanzavano e gli altri lentamente ritiravansi, lasciando regioni per natura deserte, o per opera desertate, visto il disegno de’ Russi di evitare i combattimenti, e però il combattere vieppiù divenendo interesse e desiderio di Bonaparte, ordinò a Gioacchino di oltre spingere; e quegli trascurando ogni prudenza, e la consueta misura di tempo e di fatica, raggiungeva il nemico, lo sforzava alla guerra. Così, due giornate onorevoli al re di Napoli per audacia e per arte dettero alle armi francesi entrare in Vitepsko.

Indi Smolensko fu espugnata. I Russi combatterono innanzi alla città per aver tempo da trasportare gli ospedali, le artiglierie quante potevano, munizioni e mezzi di guerra; ed ardere magazzini, quartieri e case della città. Perciò nella notte, mentre l’esercito francese preparavasi a nuova battaglia, l’altro abbandonava il campo; a’ primi albori entrando i Francesi a Smolensko desertato salvarono a fatica dall’incendio pochi resti della vinta città. Era oltre il mezzo di agosto, bisognava un mese di cammino e di fortuna per giungere a Mosca o a Pietroburgo; ed era palese che i Russi si difenderebbero, a modo barbaro ritirandosi e distruggendo. Perciò Gioacchino (egli stesso mel disse più volte nel 1813, tuttora Bonaparte imperatore de’ Francesi e potente) propose di fermare in Smolensko la guerra del 1812, ordinare il governo de’ Polacchi, avanzare la base di operazione, prepararsi per lo aprile del 13 a nuove imprese; e poichè le legioni di Francia erano state in ogni scontro vincitrici, e le russe vinte e fugate, potevasi agevolmente prender le stanze più convenienti al disegno. I mezzi che la Russia adunerebbe in sette mesi sarieno certamente minori di quelli che fornirebbe la Francia, la Germania intera e la Polonia a pro dei Francesi ribellata. Non sa la Russia, soggiungeva Gioacchino, la vastità delle sue perdite; diasi tempo alla fama di raccon-

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