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libro terzo | 245 |
Italia all’esule Pontefice. Senza Pontefice la Lombarda Lega non avrebbe avuto sangue nelle vene. Togliendo dunque il Cardinale Giovanni il destro da quelle lamentazioni che si levavano per tutta Italia conquassata dalle tedesche rapine, e dalla lontananza di Federigo, levò una eloquentissima voce sul Romano popolo a farlo vergognar dell’abbandono in che aveva messo il suo legittimo Pastore, che contristato esulava per istranee terre, e della follia con cui si lasciavano anche essi maciullare dagli imperiali scismatici. Alle parole diè rincalzo coll’oro, con cui giunse a rimutar tutto il Senato in un convento di uomini affezionati al vero Papa, ed alla libertà. Raggiunse l’intento: il popolo ed il Senato si giurò ad Alessandro: la Basilica Vaticana e la Sabina fu tolta alle sozze mani degli scismatici. Le milizie di Guglielmo lo aiutavano a cacciare dalle province di Campagna e Marittima un nodo di Tedeschi condotto da Cristiano, intruso da Federigo nel seggio di Magonza, il quale fece cose da Turco, a carpire da quei popoli il giuramento di obbedienza all’Antipapa1. Allora convocato un gran parlamento di cherici e laici, si convenne nella sentenza di richiamare al suo seggio il fuoruscito Pontefice. Solleciti messaggi con caldissime imbasciate furono mandati in Francia al medesimo, pregandolo non volesse porre tempo in mezzo alla tornata. Aspettarlo la vedovata Chiesa, invocarlo la invilita dignità del Romano popolo, sospirarlo l’Italia «Ti è forza tornare, o carissimo Padre e Signore, perchè in questo non ne va alcun nostro peculiar bene, ma la salute di tutte le chiese e dell’Italiano popolo, che al rivederti ricondotto nell’alma città, e rimesso nella sedia del B. Pietro, non a sè solo, ma all’universo mondo la bramata pace impromette»2.
Consolarono oltremodo questi messi l’animo dell’afflitto Pontefice; e tolto il consiglio de’ Vescovi e de’ Cardinali,
- ↑ Chron. Fossae Novae.
- ↑ Card. Arag. p. 456.