Pagina:Storia della Lega Lombarda.djvu/344

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338 della lega lombarda

in quel dì venendo a giornata due eserciti, non dubito, che i Lombardi avrebbero anticipato d’un anno quella di Legnano. Logore, assottigliate erano le milizie imperiali, fresche e più numerose le federate. Stettero alcun tempo guardandosi, non volendo alcuna delle parti esser prima ad assalire. Erasi in sul aspettare del segnale della battaglia, quando incominciarono alcuni probi uomini a frapporsi consigliando la pace1. Questi pacieri dovettero uscir dapprima dal campo di Federigo e non da quello de’ Lombardi; tra perchè questi avevano poco fondamento a sperar pace senza scapito della loro libertà, e perchè quegli impegnandosi con un esercito mezzo sfatto in una battaglia, aveva sempre a temere, che gli Alessandrini non lo venissero assalendo alle spalle. Adunque per una stemperata prudenza de’ federati, perchè era tempo opportuno a menar le mani, e per irragionevole timore dell’Imperadore furono introdotte le pratiche per la pace. Negoziavano per Federigo il Cancelliere, Gottifredo d’Helffenstein, l’eletto di Colonia, Corrado fratello dell’Imperadore, Enrico il Guercio Marchese di Savona, i Conti Ottone di Vitelspack ed Uberto di Savoia; pei Lombardi Ezzelino ed Anselmo2. Gl’imperiali dicevano: fossero salvi i diritti dell’Impero, e Federigo buon grado commetterebbe all’arbitrio di giudici scelti da ambe le parti le ragioni della loro discordia. Rispondevano i Lombardi: rispettasse l’Imperadore la loro libertà e devozione a Papa Alessandro, e ben volentieri starebbero alla sentenza di que’ giudici. Io non so come potevano stare insieme i diritti imperiali che voleva salvi Federigo, e la libertà de’ Lombardi. Questi dovevano addarsi che quel repentino negoziato di pace non era pel Tedesco, che un accattar tempo ed indugi a far venire di Germania altre milizie, come fece. Gli eserciti si disciolsero; Federigo si condusse a Pavia; i negoziati cominciarono.


  1. Caffari Annal. Genuen. 13. — Card. Arag. Vita Alex. III. 465.
  2. Murat. Antiq. Medi Ævi Diss. 48. p. 277.