Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/118

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le feste, e gli spettacoli ricorrenti con la medesima disinvoltura, e spensierata allegrezza, che praticata sarebbesi in grembo alla più stabil pace, a segno tale che quando il Popolo raccolto nell’Anfiteatro intese la nuova che Ottone erasi ucciso di propria mano, allora ei fece applauso al nome di Vitellio, portò in giro nei Templi l’immagine di Galba coronata di fiori, e di foglie di lauro, ed eresse un trofeo di ghirlande nel luogo stesso, che era stato da lui bagnato col proprio sangue1. Per quanto biasimevole fosse stata la condotta, che tenne Vitellio durante tutta la sua campagna, e dopo il suo ritorno in città, e ridicolo il pensiere, con cui quest’infingardo parasita pretese di esaltare la propria moderazione, ed attività, ciò non ostante la Plebe acclamò ad alta voce l’indegno vincitore colle medesime adulazioni, che essa già imparate aveva sotto i precedenti Governi, e fu egualmente sollecito il Senato a ricolmarlo di tutte quelle onorifiche distinzioni tante volte da lui profuse agli altri Tiranni2.

Vitellio dopo breve tempo sperimentò l’incostanza, e l’iniquità dei Romani in un modo non men vergognoso, e umiliante di quello, con cui di già provate le avevano i suoi antecessori. Si avanzavano più che mai i Generali di Vespaziano, e Vitellio trovavasi sprovvisto di

  1. Tac. Hist. II. 53.
  2. Ib. II. 90.