Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/14

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interrotto esame si osserva, che quando il popolo Romano piegò l’orgoglioso suo collo al giogo di un Monarca, non era per anche giunto alla metà della strada che lo guidava al precipizio; che tutte le virtù, tutte le nobili qualità, e le buone arti salvate dall’eccidio della Repubblica dovevano ancora per varj secoli andar decadendo, ed al contrario crescere per ugual tempo e proporzione tutti i vizj, e gli abusi prima che alla fine si esaurissero le forze vitali di quello smisurato colosso, e che la sua lunga consunzione terminasse infallibilmente colla di lui morte. Per quanto numerose, ed insanabili fossero le ferite che la Romana Potenza prima della fondazione del Despotismo ricevute aveva dal braccio stesso de’ suoi snaturati figli, ciò non ostante faceva d’uopo che per abbattere quest’immenso Impero, il quale abbracciava presso che tutto il grande ed il bello della Terra allor conosciuta, passassero quasi altrettanti secoli, quanti erano stati necessarj per ergerlo, e la sua caduta costar doveva al genere umano non minore, e forse più sangue di quello che importato ne fosse il di lui ingrandimento. Nello spazio dei cinquecento anni, che durò la decadenza dello Stato Romano, vale a dire da Augusto fino ad Augustolo, parve qualche volta che esso, mediante la provvida mano di saggi Imperatori2, ricuperata avesse la sua primiera salute e robustezza. Ma questo ristabilimento non fu che di corta durata, o apparente. Il terribil tarlo, che le divorava, e che