Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/184

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fino ad una, come dice Seneca, immensa altezza, e spargerle quindi in graziosa, ed olezzante pioggia sui commensali1. Venivano pure di frequente introdotti per le sale dei conviti varj limpidi ruscelli d‘acqua affinchè si avesse il modo di prendere colle mani le Trote, ed i Barbi; e col premere certe macchine particolari scaturir facevansi a un tratto sotto la tavola, o avanti ai piedi de’ convitati torrenti copiosi di acquaviva2. Il palato dei Ghiottoni, dice Seneca, si è così corrotto che costoro mangiar non possono alcun pesce, cui non abbiano visto nuotare accanto alla stessa lor tavola. Una volta correva voce che il miglior cibo fosse il Barbo di scoglio, ed ora si dice che nulla vi è di più bello che il vederlo morire. Si pongono pertanto tali pesci in vasi trasparenti; si fa colla massima premura attenzione com’essi in primo luogo diventano di color sanguigno, come a poco a poco questo colora s’impallidisce, e come finalmente ei si perde del

  1. Ep. 90. Quemadmodum in immensam altitudinem crocum latentibus fistulis exprimat.
  2. De Tranq. I. Ep. 90. Quaest. Nat. III. 17, 18. Quid perlucentes ad imum aquas, et circumfluentes ipsa convivia? - Qui Euripos subito aquarum impetu implet, aut siccat. - Quanto incrediibiliora sunt opera luxuriae, quoties naturam aut mentitur, aut vincit! In cubili natant pisces, et sub ipsa mensa capitur, qui statim transferatur in mensam. Parum videtur recens mullus, nisi qui in convivae manu moritur.