Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/257

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Romano riputò come un gran benefizio questa ordinanza di Domiziano1, ma questo stesso benefizio Imperiale fu quasi del tutto reso vano dalla vile spilorcerìa dei ricchi. Non solo venivano assegnati ai Clienti gli ultimi posti, ma in quelle medesime tavole, ove pompeggiavano le più squisite leccornìe, facevasi di più porger loro da deformi, ed orgogliosi Schiavi pane ammuffito, pessimi legumi, e pesci, cattiva carne, olio puzzolente, e vino il più acido. Oltre a ciò collocavansi intorno loro alcune persone, le quali dovevano osservare che niuno di questi poveri convitati rubasse qualche bicchiere, o almeno non ne levasse una pietra preziosa da quelli d’oro2.

Quando i Patroni non erano tanto splendidi, o ricchi da presentare ai proprj Clienti cibi diversi da quelli, cui essi gustavano, allora mangiavano in segreto, oppure fingendo che anche le migliori vivande riuscite fosser

  1. III. 7.
  2. Juven. Sat. V. Marziale finge quindi che un affamato Spagnuolo essendosi incamminato alla volta di Roma per godere delle ccne, che si davano nelle case dei Grandi, ritornò indietro dal Ponte Milvio avendo ivi inteso come erano trattati i Romani Clienti III. 14.

    „ Romam petebat esuritor Tuccius,
              profectus ex Hispaniu.
         Occurrit illi sportularum fabula:
              a ponte rediit Mulvio.